Aceto Balsamico Il Conte

Aceto Balsamico di Modena

Storia


Aceto Balsamico significa da tempo immemorabile cultura e storia di Modena. Infatti la sua esistenza é dovuta alle particolari caratteristiche del territorio, alle quali si sono aggiunte i saperi, le conoscenze e le competenze del fattore umano che hanno dato vita a un prodotto esclusivo e distintivo dell’area delle attuali province di Modena e Reggio Emilia (cioè dell’antico Ducato Estense).

Documenti e tracce storiche dei Balsamici sono frequentissimi ed è sorprendente scoprire  quanta importanza  questi prodotti abbiano rivestito nell’ambito degli usi locali e nella tradizione popolare del modenese.

Parliamo non a caso di ‘Balsamici’, in quanto è evidente, oltre che documentato, che diversi  tipi di aceto ottenuti col mosto di uva sono sempre esistiti a Modena e Reggio Emilia, in relazione allo sviluppo nella storia di diverse ricette, di diversi metodi di preparazione e di invecchiamento, fino a giungere alle attuali due tipologie: l’Aceto Balsamico di Modena IGP e l’Aceto Balsamico Tradizionale di Modena e di Reggio Emilia DOP.

L’origine di questi prodotti risale a diversi secoli fa, quando si usava cuocere il mosto per poterlo conservare.

Le particolari caratteristiche delle uve utilizzate (bassa percentuale di zuccheri e alta percentuale di acidità) opportunamente acetificate si suppone abbiano dato origine a un aceto che è andato sempre più a radicarsi nelle zone ad esso vocate, per poi diventare diffuso e conosciuto anche al di fuori del territorio di produzione.

I metodi produttivi di questo “speciale aceto” erano probabilmente assai diversi, se si considerano le molte varianti espresse nelle ricette locali ritrovate nel tempo; si notano infatti prodotti fatti con solo mosto, altri con mosto ed aceto, poi cotti, e talora aromatizzati con spezie.

Il termine “Balsamico” è relativamente giovane, in quanto usato per la prima volta nei registri degli inventari ducali della Reggia Estense di Modena, nel 1747 e probabilmente nasceva dall’uso terapeutico che se ne faceva a quel tempo.

La testimonianza dell’esistenza e dell’utilizzo di almeno due diverse tipologie di Balsamico è sicuramente documentata in occasione dell’arrivo di Napoleone a Modena (1795).

Per ripagare i debiti di guerra furono messi all’incanto tutti i beni del Duca e della Chiesa. Una delle voci citate è proprio l’Acetaia, dettagliatamente descritta, le cui botti si dispersero nelle varie Acetaie modenesi a causa di questa vendita.

Nel documento  del 1795 si annota: “Comincia la vendita col mezzo d’incanto, e per conto della repubblica Francese, dell’Aceto Balsamico dell’ex Duca… e vengono evidenziate le diverse e distinte qualità di Aceto, nonché le relative quantità.  Gli inventari, anche nella fase successiva della Restaurazione, riporteranno sempre diverse tipologie di aceto, in aggiunta all’aceto di vino (denominato comune o ordinario).

Con la nascita dello Stato Italiano (1860) il risveglio dei mercati ha via via suscitato sempre più interesse riguardo al Balsamico, sviluppando anche notevoli ricerche storiche e bibliografiche attorno a questo prodotto che, uscendo timidamente dalla segretezza e dalla ritualità delle acetaie, riscuoteva inevitabilmente tanto successo. E’ così che possiamo oggi  tracciare il percorso e l’evoluzione dell’Aceto Balsamico di Modena.

Fu infatti verso la metà dell’800 che il prodotto venne descritto con maggior scientificità, e vennero gettate le prime basi che porteranno, in epoca molto più recente, al riconoscimento del disciplinare produttivo. Colui che si interessò al problema fu il conte Giorgio Gallesio, famoso studioso dell’epoca, che per il suo imponente trattato di arboricoltura “La Pomona Italiana”, del 1839, dedicò molto tempo allo studio delle tecniche di produzione.

I suoi appunti manoscritti, ritrovati nel 1993 a Washington, costituiscono il documento “ tecnico” più antico in cui si descrive il disciplinare di produzione dell’Aceto a Modena. Per primo egli descrive e classifica gli aceti in due categorie: quelli ottenuti da solo mosto cotto e quelli da “mosto fermentato e vin fatto“.

Dei due prodotti, fu certamente quest’ultimo, oggi conosciuto come Aceto Balsamico di Modena IGP, ad avere la maggior diffusione per semplicità ed economicità di produzione, nonché per quotidianità d’uso.

Alla fine dell’800 l’Aceto Balsamico di Modena comincia così a comparire nelle più importanti manifestazioni espositive, creando grande interesse non solo sul territorio ma anche a livello internazionale.

Il viaggio del Balsamico di Modena per le strade del mondo inizia con successo incredibile per il tempo, mentre tutte le altre specialità modenesi (salumi, formaggi, tortellini, lambrusco) rimarranno ancora relegate in ambito locale almeno fino alla prima metà del ‘900.

Alcuni produttori dell’epoca sono tutt’ora attivi e sono giunti a noi gli attestati della loro partecipazione a fiere ed esposizioni e fotografie storiche delle acetaie, in cui si notano le caratteristiche botti, tutte di uguali e grandi dimensioni, nelle quali viene effettuato l’affinamento e l’invecchiamento dell’Aceto Balsamico di Modena.

Testimonianza di questa produzione è data anche dalla ‘Gazzetta della Domenica di Modena’ del 6 Settembre 1931, nella quale si descrive come si produceva (anche per uso proprio) l’Aceto Balsamico di Modena .

Il mercato dell’aceto, per le valenze sia fiscali che economiche che rivestiva nella nuova realtà dello Stato viene regolamentato e disciplinato per la prima volta nel 1925.

La petizione di alcuni produttori, accolta dal Ministro on. Acerbo,  porta alla promulgazione nel 1933 dell’Autorizzazione a produrre “l’Aceto Balsamico del Modenese” con la motivazione: affinché “non sia arrecato nocumento alla secolare e caratteristica industria“.

Questa Autorizzazione, richiesta e rilasciata esclusivamente alle ditte operanti nella provincia di Modena, oltre a costituire uno dei primi riconoscimenti di prodotto alimentare a indicazione di origine, rappresenta il primo formale riconoscimento della esistenza dell’Aceto Balsamico di Modena, così come esso viene ancora prodotto, prevedendo anche la addizione di sostanze a supporto del colore.

Oltre trenta anni dopo, nel 1965, il D.P.R. n° 162 del 12/02/65 regolante le norme per la repressione delle frodi nella preparazione e commercializzazione di vini, mosti e aceti, fisserà definitivamente le regole relative agli aceti ed agri, e riconoscerà speciali denominazioni qualificative per aceti preparati con tecniche caratteristiche e tradizionali, quali l’ “Aceto Balsamico di Modena’, rimandando ad un successivo D.M. la fissazione delle caratteristiche di preparazione e modalità di composizione.

Il 21 Luglio 1965, grazie all’apporto dei produttori e di diversi studiosi ed esponenti della Camera di Commercio di Modena, si giunse alla stesura di un disciplinare pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 12 dicembre 1965 relativo alle “Caratteristiche di composizione e modalità di preparazione dell’Aceto Balsamico di Modena”.

Nel 1994 sulla scorta dei riconoscimenti già conseguiti dalle competenti Autorità dello Stato Italiano e dal consenso che l’Aceto Balsamico di Modena continuava a riscuotere nei consumatori, per le spiccate caratteristiche qualitative e distintive, i produttori si sono attivati sia per salvaguardarne e migliorarne il disciplinare di produzione sia, soprattutto, per tutelare il corretto uso della denominazione al commercio.

Questo impegno, teso a salvaguardare il rispetto dei codici di comportamento dettati dagli usi locali leali e costanti, è sfociato poi negli standard di produzione descritti dal Disciplinare di produzione che il 3 luglio 2009 ha conseguito il riconoscimento come Indicazione Geografica Protetta (IGP) dalla Comunità Europea.

Tale riconoscimento tutela non solo un patrimonio di notorietà e di artigianalità ma anche uno dei simboli della cultura gastronomica di Modena.